Calvino by Silvio Perrella

Calvino by Silvio Perrella

autore:Silvio Perrella [Perrella, Silvio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: i Robinson / Letture
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-01-15T00:00:00+00:00


Il manierismo e la malinconia

Tra gli autori italiani che Calvino cominciò a leggere con più passione, come testimoniano anche le Lezioni americane, ci fu Leonardo. In Leonardo, Calvino ritrovava la contiguità tra lo scrivere e il disegnare che da ragazzo era stata anche sua. Ed è anche attraverso Leonardo che Calvino scoprì il manierismo, croce e delizia degli spiriti malinconici nati sotto Saturno.

Con Le Cosmicomiche, Calvino entra nella sua fase consa­pevolmente manieristica. Come ha ben visto Mengaldo, questo libro è una «svolta capitale nello stile calviniano». Allo stesso tempo, però, è anche una «sacca», perché «il manierismo stilistico finisce per essere molto spesso la sostanza stessa» (1991, p. 285).

Giorgio Agamben, in un saggio dedicato all’opera estrema di Caproni, invita ad «abbandonare il consueto rapporto gerarchico fra stile e maniera». A suo parere questi

concetti nominano due realtà correlate, ma irriducibili: se lo stile segna, per l’artista, il tratto più proprio, la maniera registra un inverso processo di disappropriazione e di inappartenenza. È come se il poeta vecchio, che ha trovato il suo stile, e in esso, ha raggiunto la perfezione, ora lo dimettesse per accampare la singolare pretesa di caratterizzarsi unicamente attraverso un’improprietà. Negli ambiti in cui il concetto di maniera è stato definito con più rigore (la storia dell’arte e la psichiatria), esso designa, infatti, un processo polare: è, insieme, esagerata adesione a un uso o a un modello (stereotipia, ripetizione) e assoluta eccedenza rispetto ad essi (stravaganza, unicità). Così, in storia dell’arte, il manierismo «presuppone la conoscenza di uno stile cui si crede di aderire e che invece si cerca inconsciamente di evitare» (Pinder) e, per gli psichiatri, il modo di essere del manierista comporta «l’improprietà nel senso di non essere se stessi» e, insieme, la volontà di guadagnare, con questo, un terreno proprio e uno status (Bins­wanger). Osservazioni analoghe potrebbero farsi per quanto riguarda il rapporto dello scrittore con la sua lingua. [...]

Solo nella loro reciproca relazione stile e maniera acquistano il loro vero senso al di là del proprio e dell’improprio. Essi sono i due poli, nella cui tensione vive il libero gesto dello scrittore: lo stile è un’appropriazione disappropriante (una negligenza sublime, un dimenticarsi nel proprio), la maniera una disappropriazione appropriante, un presentirsi o un ricordar sé all’improvviso. E non soltanto nel poeta vecchio, ma in ogni grande scrittore (Shakespeare!) vi è una maniera che prende le distanze dallo stile, uno stile che si disappropria in maniera. (1996, pp. 99-100)

Non è dunque un caso che sia in Calvino sia in Caproni (il Congedo del viaggiatore cerimonioso è proprio del 1965) il congedo o il commiato acquistino sempre più la caratteristica di «ora topica». Non solo, ma entrambi prenderanno congedo dal loro congedo.

È sempre Agamben a ricordare che, «rispetto alla lingua, ogni uso è un gesto polare: da una parte, appropriazione e abito, dall’altra espropriazione e non-identità» (ivi, p. 100). A segnalare linguisticamente questa fase di trasmutazione c’è, ad esempio, «la tendenza a composti aggettivali anomali», come, in Caproni, «biancoflautata» o «flautoscomparsa».



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